In questi anni c’è stato un gran parlare di farmaci e sieri, le discussioni animate tra sostenitori e detrattori hanno scatenato una specie di guerra. Sappiate cari amici che la parola “farmaco” deriva dal greco “pharmakon”, che vuol dire “medicina” ma anche “veleno”.
Allora, chi ha ragione? Chi ha torto? Nessuno e tutti! Non è quello che prendi, ma è “come” e “perché” lo prendi che fa la differenza.
Questo mi fa venire in mente quando, anni fa, conobbi uno sciamano che mi raccontò di come il suo maestro, un grande eremita e guaritore, che si era ritirato da decenni in una foresta, quando gli veniva chiesto di risolvere per qualcuno un problema di qualsivoglia natura, che fosse superare una malattia, o aiutare qualcuno in un problema esistenziale, psicologico, emotivo o spirituale, lui, il grande anziano maestro, andava a raccogliere, seccare, triturare, pestare e macerare con amore e dedizione i “farmaci”. Erbe, fiori, cortecce, radici, cereali, veniva raccolto tutto con cura in un determinato momento della giornata, in un preciso posto.
Ad esempio: andava sotto una grande quercia o vicino ad un determinato rovo per raccogliere dei funghi, poi alcuni fiori gli raccoglieva vicino ad un torrente, prendeva i pezzi di corteccia di un determinato albero che cresceva ai piedi della grande montagna. Qualcosa lo raccoglieva sotto i raggi dorati della luna piena, qualcos’altro lo prendeva in pieno sole di mezzogiorno.
Metteva tutti i “farmaci” in un cesto fatto a mano con filamenti di rametti intrecciati e poi lavorava uno ad uno ogni vegetale in modo differente: alcuni li pestava meticolosamente col mortaio, altri venivano solo frantumati finemente, altri ancora lasciati sotto al sole per giorni e giorni fino ad essiccarli.
Un gran lavoro che poteva durare settimane, fino al giorno in cui la pozione era pronta e veniva finalmente convocato il “richiedente”.
Nel gran giorno, tra i suoni di tamburi e spruzzate di acqua qua e là, il malato nel corpo o nello spirito veniva fatto sedere vicino ad un fuoco. Inebriato dal profumo di un legno resinoso e aromatico, il malato si aspettava di dover bere e mangiare intrugli schifosissimi e invece… i “farmaci” preparati dallo sciamano venivano sparsi nell’aria, sulla terra o nel fuoco.
Si hai capito bene! Una persona “normale” si aspetterebbe che dopo un lavoro così sapiente ed impegnativo il frutto di tutto questo lavoro venisse somministrato per bocca o spalmato. Invece no!
Tutto veniva lasciato cadere per terra accompagnato dalla recitazione di una mantra, il tutto allo scopo di offerta, per invocare gli spiriti e chiedere loro di curare il malato il quale doveva partecipare attivamente a tutto il rituale.
Le persone “normali”, brutalmente civilizzate, biasimano e sorridono divertite da tale stupidità, dimenticando però che i “farmaci” per quell’eremita erano uno strumento di preghiera, uno strumento per nutrire gli spiriti, per fare loro delle offerte, uno modo per chiedere aiuto e innescare una guarigione.
Il “principio attivo” di quel rimedio erano loro stessi: il “Pharmakon” era il guaritore insieme al malato. La loro volontà, il loro amore, la loro fede e le loro energie invisibili compivano la guarigione.
I “civilizzati”, invece, delegano qualcun altro e qualcos’altro, “abdicano” e sono completamente passivi dinnanzi un problema che li riguarda.
Gli esseri umani di questa società hanno dimenticato la loro capacità di dialogare con l’invisibile e di compiere “magie”, hanno scelto di togliere sempre più il potere da loro stessi per affidarlo all’esterno.
Dunque, pharmakon…farmaco o veleno?
Ciò che può curare ed essere un rimedio per una malattia può diventare anche un veleno. La differenza è come viene usato lo strumento e non quello che assumi. Il guaritore della foresta lo sapeva bene: lui usava i suoi medicamenti come strumenti, per intervenire su quello che lui pensava fosse la causa del problema, gli esseri umani di questa era non si comportano così dinnanzi un disturbo o una malattia più o meno grave.
Tu potrai pensare che questo sia una fortuna perchè abbiamo fatto passi da gigante rispetto a quei tempi, il farmaco e la tecnologia medica è ai massimi livelli. Certo lo è ! Per contro però, ci siamo così allontanati da noi stessi e dalla natura fino al punto di profanarli, di violentarli, ci siamo spinti così in là, da perdere di vista che il vero “Pharmakon” è dentro di noi.
Potrei farti mille esempi, ma mi limito a fartene uno di concreto: quando ti viene il mal di testa deleghi al farmaco il potere di toglierlo. Lo puoi fare con un rimedio naturale o con uno farmacologico, il principio per entrambi è lo stesso. Che assumi una tisana di foglie di Partenio oppure una pastiglia di Ibuprofene non c’è differenza. In termini di principio, stai facendo la stessa cosa: sopprimi un sintomo senza indagare sulla causa. Certamente saranno diversi gli effetti collaterali dei due rimedi ed anche l’efficacia ma ad entrambi tu sei passivo ed hai affidato a loro il potere attivo su di te, infatti si chiamano “principi attivi”.
Un pò come mettere qualcosa davanti alla spia di un guasto al motore che si è accesa sul cruscotto della nostra auto. La luce dell’allarme visivo non ci infastidisce più ma il guasto al motore resta, finchè la nostra automobile non si fermerà del tutto e allora saremo costretti ad andare dal meccanico per sistemare o cambiare il motore o, nella peggiore delle ipotesi, buttar via l’auto.
Pertanto, se diamo al farmaco un potere positivo o negativo, se pensiamo che ci guarisca o che ci faccia male, non fa nessuna differenza: il potere lo ha sempre, nel bene o nel male, la pastiglia, le gocce il siero, non noi.
Indagare su quel mal di testa, domandarci che cosa abbiamo mangiato o bevuto, quanto o come abbiamo dormito o lavorato ci porterebbe a CAMBIARE alcune nostre abitudini, quelle che ci hanno causato il mal di testa.
Cambiare Abitudini e Responsabilizzarsi è sicuramente più impegnativo di mandar giù una pastiglia o una tisana ma è solo in questo modo che ci riprenderemo il potere per migliorare la nostra vita, quella degli altri ed anche quella della Terra che ci ospita.
Paolo
Cambia, per cambiare il mondo.